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Jair Bolsonaro, le sue allucinazioni e il suo tentativo di fuga

Abbandonato

All’ex presidente brasiliano Jair Bolsonaro è andato tutto storto: voleva rompere il braccialetto elettronico che indossava a casa sua da quando era stato processato per tentato colpo di Stato, ma l’unica cosa che è riuscito a ottenere è stata il trasferimento in carcere da parte della Corte Suprema Federale.

Daniel Gatti

26 | 11 | 2025

L’esponente dell’estrema destra sta scontando gli arresti domiciliari come misura cautelare, in attesa della conclusione del processo per cui è stato condannato a settembre a 27 anni di reclusione.

Sabato scorso ha colpito con un martello il dispositivo elettronico che gli era stato applicato due mesi fa. Si è poi giustificato dicendo di aver sofferto di un “attacco di paranoia” e di “allucinazioni” causate dai farmaci che assume.

La giustizia non l’ha interpretato in questo modo, ha stabilito che si trattava di un tentativo di fuga a tutti gli effetti e ha disposto il suo trasferimento provvisorio in un carcere, nella sede della Polizia federale a Brasilia.

Altri due fattori hanno contribuito a determinare il rischio di fuga: lo stesso sabato era prevista una veglia davanti alla casa del leader di estrema destra, che questi avrebbe potuto sfruttare per mescolarsi alla folla, e la vicinanza dell’ambasciata degli Stati Uniti, il cui presidente, Donald Trump, ha esercitato ogni tipo di pressione per liberare il suo alleato.

Un altro dei condannati nel processo insieme a Bolsonaro, l’ex commissario della Polizia federale ed ex direttore dell’Agenzia brasiliana di intelligence, Alexandre Ramagem, è fuggito a Miami probabilmente a settembre e lì vive in un condominio di lusso.

SGli era stato ritirato il passaporto, ma è riuscito a raggiungere clandestinamente gli Stati Uniti.

Realpolitik

Ramagem corre pochi rischi di essere trattato come un immigrato clandestino dall’agenzia migratoria di Trump e messo su un aereo diretto verso il suo Paese, ma la verità è che Trump sta lentamente distanziandosi dal suo alleato.

Quando lunedì 24 gli è stato chiesto cosa ne pensasse dell’arresto del suo “amico”, il presidente, solitamente loquace, si è limitato a dire “che peccato”.

Qualche settimana fa, lo statunitense ha ritirato i folli dazi imposti al Brasile a suo tempo per metterlo con le spalle alla parete nei negoziati commerciali e costringerlo a liberare Bolsonaro, e si è avvicinato a Luis Inácio Lula da Silva.

Il quotidiano statunitense The New York Times ha commentato che questo caso “è un chiaro esempio dei limiti della capacità di Trump di piegare i governi stranieri e della sua disponibilità ad abbandonare i suoi alleati, schierandosi poi con un rivale quando lo ritiene conveniente per i suoi interessi”.

Per la Rel UITA, quanto accaduto segna una svolta nella difesa della democrazia nella regione. La detenzione di Jair Bolsonaro – per la sua responsabilità in un tentativo di colpo di Stato e ora per un evidente tentativo di fuga – conferma che nessuna leadership, per quanto potente si ritenga, può porsi al di sopra delle istituzioni.

In un momento storico per il Brasile e per l’America Latina, il segnale è inequivocabile: chi attenta all’ordine costituzionale dovrà rispondere alla giustizia e non troverà impunità.

Solo così è possibile impedire che le ombre dell’autoritarismo tornino a imporsi sulla volontà popolare.

Foto: CSP